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Sanità: indagine Swg-Confesercenti, 3 over 60 su 10 devono rinunciare alle cure

Busà, “ogni anno una mensilità della pensione in cure, soprattutto private”.

foto sanitàGli italiani over 60 credono sempre meno e sempre meno fanno ricorso al Servizio Sanitario Nazionale, per i tempi di attesa, per il livello delle prestazioni e spesso perché non in grado di permettersi le cure necessarie.

E’ questo, in sintesi, quanto emerge da un’indagine realizzata dalla Confesercenti-Swg alla vigilia della Settimana della Buona Salute che prenderà il via il prossimo 2 maggio.

Il primo dato a spiccare tra le risposte degli interpellati, proprio in tema di possibilità economiche, è il 34% degli interpellati che dichiara di aver dovuto rinunciare negli ultimi anni a visite diagnostiche specialistiche proprio a causa del costo eccessivo del ticket, a fronte di un 52% che ha potuto permetterselo e di un 14% che invece si è potuto avvalere dell’esenzione per accedere agli esami.

La tendenza alla rinuncia per motivi economici potrebbe giustificare la quota parte del reddito che nel 46% dei casi non ha superato il 10%, nel 20% dei casi è arrivata al 15% , nell’11% al 20%, mentre l’11% per cento degli interpellati ha potuto dedicare tra il 20 ed il 30 per cento del reddito alle spese sanitarie.

La difficoltà di accesso alla sanità pubblica, soprattutto in termini di attesa, ha spesso costretto le persone di età superiore ai 60 anni a ricorrere, nonostante i costi superiori, a strutture private per realizzare in tempi brevi le visite o le analisi necessarie. Stiamo parlando del 60%, a fronte del 34% che ha potuto evitarlo, mentre il 6%, ha fatto ricorso ai pronto soccorso per aggirare le lunghissime attese.

Quanto alle valutazioni sull’efficienza dei servizi sanitari, il medico di famiglia resta per quasi la metà degli italiani ultra sessantenni  (47%) il principale punto di riferimento, probabilmente per il rapporto fiduciario, la disponibilità e quindi la maggiore facilità di consultazione e di intervento in caso di bisogno, seguito dalle prestazioni ospedaliere, soprattutto i ricoveri,  (29%) ed i pronto soccorso (23%) che continuano a rappresentare gli strumenti più accessibili.

Soltanto il 18% considera efficienti i Centri Unici Prenotazioni, mentre gli altri servizi erogati dalle Asl e l’assistenza ambulatoriale si fermano all’8% e l’assistenza domiciliare, spesso fondamentale per le fasce d’età più disagiate ed in condizioni di salute più problematiche, viene considerata efficiente soltanto dal 6% del campione.

Nonostante le difficoltà emerse dal sondaggio relativamente al funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale, gli intervistati, a proposito delle misure necessarie a migliorare la situazione, mostrano un atteggiamento tutt’altro che emotivo: il primo e più importante  intervento (24%) è considerato quello di assegnare più fondi al SSN, seguito (18%) dal rendere più facile l’accesso ai servizi ed estendere l’assistenza medica domiciliare (17%) che, come abbiamo detto, rappresenta per molti l’unica possibilità di essere assistiti. A seguire, il campione intervistato indica tra le principali urgenze il miglioramento delle condizioni di trattamento dei pazienti ricoverati in ospedale (12%),  una maggiore competenza del personale medico (10%), una migliore comunicazione medico-paziente (9%), una maggiore competenza tra gli infermieri e gli ausiliari sanitari (4%).

“Questi dati – sottolinea Lino Busà, direttore della Fipac-Confesercenti – delineano un quadro sufficientemente realistico e drammatico di come funzioni il Servizio Sanitario Nazionale in Italia, ma purtroppo le cose stanno ancora peggio. Basta un dato per rendere comprensibile la situazione degli over 60 rispetto all’assistenza sanitaria: ogni anno, rispetto ad una pensione media di 1180 euro, una mensilità finisce in medicine, esami diagnostici, visite specialistiche e buona parte di questa somma va a strutture private. E’ un dato allarmante – conclude Busa’ – che però da la misura  dei costi e dell’efficienza del nostro Servizio Sanitario”.

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